I monumenti caratterizzano l’immagine di una città. Li incontriamo ogni giorno sulla via del lavoro, quando ci si rilassa nel parco o durante lo shopping nelle zone commerciali. Eppure– o proprio per questo – spesso ignoriamo questi riferimenti a episodi o a persone storiche.

Se cominciamo a prendere coscienza, subito salta una cosa all’occhio: esistono raramente monumenti di donne. Con meno del 10 %, la rappresentazione di donne in luoghi pubblici può essere considerata una minoranza. Inoltre nella maggior parte dei casi servono più spesso solamente come decorazione di altri monumenti e singolarmente sono allegorie. Statue e busti che onorano le donne di importanza storica anche oggi si contano sulle dita di una mano.

Simboli della nostra memoria culturale

Prima di recarci alla ricerca di queste poche donne che ce l’hanno fatta ad avere un monumento nei luoghi pubblici nonostante tanti ostacoli, è importante farsi una idea dei motivi per cui è stata dedicata loro una tale opera.

A questo punto è importante sapere: i monumenti non rappresentano mai la storia in un modo oggettivo. Anzi essi sono i simboli della storia di un gruppo sociale o una nazione che interpreta il passato secondo le necessità. I monumenti vogliono veicolare i messaggi. Questo messaggio può ammonire chi li osserva di non dimenticare mai un’atrocità o, come nel caso dei monumenti delle borghesie rampanti alla fine del 19° secolo e all’inizio del 20° che si sono aggiunti a quelli di imperatori e principi, di indicare che “il nostro tempo è cominciato“. In quest’ ultimo caso si è scelto di rappresentare per esaltare il genio maschile. prima di tutto poeti, musicisti e scienziati.

Ma una volta costruito per l’eternità non significa che il messaggio scolpito duri nel tempo o che possa venire decifrato in modo giusto dalle generazioni successive. Spesso i monumenti – come quelli del tempo dell’austrofascismo e del nazionalsocialismo – vengono eliminati dall’immagine della città. Altri si trovano, invece, in fase di progettazione. I monumenti delle donne sono ancora oggi una rarità. Una routine che nell’estate 2016 dovrebbe essere interrotta da sette nuovi monumenti delle scienziate donne.

Le scienziate nell’ombra

I busti di Elise Richter, Lise Meitner, Charlotte Bühler, Berta Karlik, Olga Taussky-Todd, Marie Jahoda e Grete Mostny-Glaser dal 30 luglio si sono uniti ai monumenti già esistenti e alle lapidi commmorative di 153 uomini tra cui spicca quella di Maria Ebner Eschenbach nell’ Arkadenhof della università viennese. Il fatto che fino a questo punto sia stata onorata solamente una donna, ha causato eccitazione nei circoli femministi. Già nel passato c’erano progetti che indicavano la mancanza di raffigurazioni femminili. Per esempio la mostra „Radical Busts“ che, in occasione della celebrazione dei 650 anni della università, mostrava 33 ritratti di pensatrici, artiste e attiviste. Già nell’autunno 2009 venne inserita un’opera d’arte che si chiama “la musa ne ha abbastanza” nel pavimento nell’Arkadenhof. Un’ombra di donna alta 170 m2 la cui origine è la statua di Catalia al centro del cortile, ricorda oggi quelle scienziate che hanno ricercato all’università viennese all’ombra dei loro colleghi maschili. “La musa non vuole essere più quella che ispira gli uomini”, come ha annotato Iris Andraschek nella sua opera d’arte.

Le Naiadi e le allegorie dello Stato

Un commento, questo, che si relaziona direttamente al fatto che nella minoranza dei casi i monumenti raffiguranti donne erano persone reali. Spesso si vede, per esempio, la dea Vittoria in monumenti per guerrieri o condottieri. Anche il monumento per i “Deutschmeister (un gruppo militare famoso durante la monarchia degli Asburgo) ha una Vittoria a disposizione. Quasi impertinente sembra la raffigurazione di Vittoria nel monumento di Beethoven di fronte alla Konzerthaus. Mentre la dea consegna al genio della musica la corona d’alloro, questo la guarda severa e si ha la impressione di riconoscere un simbolo dell’abitudine delle donne ad annullarsi per gli uomini senza ricevere riconoscimenti.

Più appariscente è invece la dea greca della guerra e della sapienza, Pallade Atena. Con un elmo d’oro e un giavellotto vigila sullo zoccolo alto davanti al parlamento viennese. Quando la statua fu costruita nell’anno 1902 la vergine bellica ispirava solamente gli impiegati maschili – la prima deputata entrò nel parlamento sotto gli occhi della dea solo nel 1919. Originariamente avrebbe dovuto trovarsi sullo zoccolo una rappresentazione dell’Austria nelle vesti di una donna. A causa, però, dell’aspirazione nazionalista dei differenti popoli della monarchia asburgica si abbandonò questa idea. Un’immagine dell’allegoria dell’Austria si trova al Freyung – sul pozzo costruito nel 1846. Un luogo in nessun modo insolito perché le raffigurazioni delle donne sui pozzi erano già popolari da lungo tempo.

Raffigurazione delle donne delle dinastie

 Una raffigurazione delle donne esistite veramente si trovava per molto tempo solamente nell’aria dei monumenti dinastici. Ma è niente in confronto a quelle degli uomini. Per esempio il monumento di Maria Teresa circondata dai suoi consiglieri serve più alla glorificazione di un’epoca che alla persona. Più umile – in senso di grandezza – è il monumento dell’imperatrice Elisabetta nel Volksgarten. Il monumento che vede Sissi seduta sul trono fu commissionato da un comitato civile subito dopo l’assassinio dell’imperatrice. Secondo lo storico Stefan Riesenfellner questo monumento avrebbe dovuto rinsaldare non solo i rapporti allentatisi dopo il concordato del 1867 fra Austria e Ungheria, ma anche il rapporto tra l’impero e il popolo.

Un Monumento per Auguste Fickert

La prima donna senza corona che ha ricevuto un monumento era la riformista sociale viennese Auguste Fickert. Fickert proveniva da una famiglia della piccola borghesia ed era insegnante elementare. Nel 1893 fondò l’ Associazione Generale delle Donne Austriache. Tra l’altro creò anche la prima sede di protezione giuridica per le donne senza mezzi finanziari in Austria, riuscì ad imporre il permesso per le donne a frequentare l’università e fondò il consorzio edile „Heimhof“ con lo scopo di costituire edifici con una cucina e una sala in comune per le donne non sposate che lavoravano.

Si arrivò alla realizzazione del suo monumento grazie a un lascito della scrittrice e compagna di lotta nell’associazione per le donne Leopoldine Kulka. Lei stabilì che la metà del suo patrimonio doveva essere utilizzata per la costituzione di una fondazione per i bambini privi di mezzi finanziari seguendo l’idea della Fickert. Ma quando si aprì la divisione dell’eredità ci si accorse che non c’erano abbastanza soldi e perciò fu costruito il monumento di Auguste Fickert. Parte del comitato erano personaggi come Marianne Hainisch (fondatrice del movimento civile delle donne) o Adelheid Popp che fondò nel 1902 “l’associazione donne e ragazze socialdemocratiche” e fu membro del parlamento austriaco dal 1919 al 1934. Il comune sotto la guida del sindaco Karl Seitz offrì un posto nel Türckenschanzpark, molto amato dalla Fickert. Il monumento fu inaugurato nel posto dove si trova anche oggi.

La donna come simbolo del dolore e ammonitrice

Nello stesso anno fu inaugurato anche un piccolo monumento per Margarethe Manhardt donato dai lettori dell’„Illustrierte Kronenzeitung“. La sua epigrafe recita: „per la domestica Margarete Manhardt che sacrificò la sua vita per il salvataggio di due bambini“. Questo monumento mostra bene in quali contesti si muovevano le donne meritevoli di essere immortalate. Si tratta spesso di donne nella prima meta del 20° secolo che sono raffigurate come persone devote e angeli del focolare. Nei molti monumenti ai caduti e alle vittime si trova la figura della donna che piange o che si dispera (madre o sorella). Un esempio molto conosciuto è il monumento di Anton Hanak per le vittime della prima guerra mondiale al cimitero centrale. Ma anche nel monumento per i caduti per un Austria libera 1934-1945 (in questa data sono comprese anche le vittime dell’austro-fascismo) dello scultore Fritz Cremer si trovano due donne raffigurate in questo modo.

Alla realizzazione di quest’opera hanno contribuito Wilhelm e Margarete Schütte-Lihotzky, quest’ultima è stata la prima donna a laurearsi in architettura in Austria.

Generalmente si può dire che quanto detto per le donne presenti nei monumenti, si può applicare anche a quelle che li hanno costruiti: fino ad oggi, infatti, è difficile trovarne in questa professione.

Altri monumenti di donne negli spazi pubblici:
Monumento della contessa Franziska Andrassy, Hohe Warte 3, 1190 Wien, inaugurato nel 1914
Monumento di Hansi Niese, attrice teatrale e di cinema, Burggasse, accanto al Volkstheater, inaugurato nel 1952
Monumento di Elsa Brändström, Arne Carlsson Anlage, 1090 Wien, inaugurato nel 1965
Monumento di Bertha von Suttner, Favoritenstraße (davanti al Bertha Suttner Hof), inaugurato nel 1959

Hubertus Adam: Denkmäler und ihre Funktionsweise. In: Denkmal und Erinnerung. Herausgegeben vom Bundesministerium für Unterricht


Quellen:

Auguste Fickert zur Enthüllung ihres Denkmals am 22. Juni 1929. Hrsg. Dr. Holzwarth und Berger. Wien 1929.
dasrotewien.at: Weblexikon der Wiener Sozialdemokratie:  www.dasrotewien.at
www.demokratiezentrum.org
Frauen in Bewegung: Diskurse und Dokumente der österreichischen historischen Frauenbewegung 1848 – 1918: Ariadne:  http://www.onb.ac.at/about/ariadne.htm
http://www.frauenwissen.at/ (Vorträge & Forschung zu Frauengeschichte 
von Irmgard Neubauer)
www.eliserichter.at
Riesenfellner, Stefan: Zwischen deutscher „Kulturnation“ und österreichischer „Staatsnation“. In: Steinernes Bewusstsein. Hrsg. Stefan Riesenfellner. Böhlau: Wien 1998

Hubertus Adam: Denkmäler und ihre Funktionsweise. In: Denkmal und Erinnerung. Herausgegeben vom Bundesministerium für Unterricht und Kunst.
Jan Assmann: Das kulturelle Gedächtnis. Schrift, Erinnerung und politische Identität in frühen Hochkulturen
Alexandra Vasak: Sichtbare Erinnerung. Der Umgang mit Denkmälern in Österreich.

Posted by Sandra Schäfer